Primo giorno:
Monaco - Weilheim 70 km
Secondo giorno:
Weilheim - Schwangau 73 km, 6 km la sera
Terzo giorno:
Schwangau - Peiting 65 km
Quarto giorno:
Peiting - Gauting 88 km
Quinto giorno:
Gauting - Monaco (città) 45 km

Il viaggio

sabato 18 giugno
L'avventura è cominciata alle 00.45 di sabato 18 giugno.
I 4 MaiStraki si sono ritrovati alla stazione di Verona Porta Nuova. Ad attenderli c'era il treno italo-tedesco che partiva alle 1.01, discreto nelle carrozze germaniche, ma assolutamente insufficiente in quelle italiane. Le facce dei nostri compagni di avventura non erano esattamente quelle che ci si poteva immaginare: alcuni sembravano appena usciti di galera, altri erano belli pieni di alcol, altri parevano appena scampati ad un regolarmento di conti.
Dopo aver fatto fatica a caricare le bici sull'apposito vagone (anch'esso tedesco, molto capiente, con un'ottima porta riservata all'accesso, ma lasciata inspiegabilmente chiusa), abbiamo tentato di raggiungere i nostri posti "prenotati" (io mi immaginavo un treno tipo Eurostar). La carrozza era molto distante: siamo dovuti passare "sopra" un sacco di gente dalle più svariate provenienze e odori. Abbiamo trovato pure un ferroviere tedesco che, allertato dai noi perché una carrozza era chiusa, non ci ha messo un secondo a scaricare la colpa sul colleghi italiani.
Alla fine abbiamo trovato la nostra carrozza modello Eurostar: era la peggiore di tutte (italiana, naturalmente), avrà avuto 35/40 anni e, soprattutto, era piena di gente.
E i nostri posti? Tom ha preso subito in mano la situazione: nel nostro scompartimento c'erano 2 ragazzi italiani (per capirci, quelli scampati al regolamento conti di prima), 1 anziano signore anglosassone (ma le bottiglie di birra che si scolava lasciavano intendere che non era tipicamente un Lord), e 2 giovani ragazzi di 2 paesi nordici diversi (che fra loro parlavano un inglese "europeo", non "british").
Ebbene, a questa platea multietnica Tom ha rivolto un "alora, com'ela qua, i posti jé prenoté!"
Incredibilmente, senza troppi problemi chi aveva occupato i nostri posti si è alzato: il Tom è veramente internazionale.
Lo scompartimento aveva già l'aria viziatissima (eravamo appena partiti!), ma ce lo siamo fatti andar bene.
In qualche modo siamo riusciti a prendere sonno (tranne i soliti, capitanati da Ezio, che, nonostante nel corso della notte fossero stati sorpresi a russare, giuravano di non aver mai chiuso occhio); dei poliziotti austriaci, alla dogana, ci ha chiesto i documenti, che Piero, come il suo solito, ha faticato a trovare.
Alla fine, verso le 06:30 siamo giunti a Monaco. Scaricate le bici abbiamo familiarizzato con la disposizione della stazione: fatta una sommaria colazione (apprezzata soprattutto da Paolo) abbiamo scovato i bagni, e poi, con le bici ci siamo gettati ad una prima, rapida, scoperta della città.
A quell'ora di sabato mattina per Monaco giravano pochissime anime: abbiamo incontrato qualche barbone e, lungo le vie pedonali del centro, i venditori ambulanti già intenti ad approntare i loro chioschi, con i quali da lì a poche ore avrebbero dato vita ad un mercato di frutta e verdura. Superata MarienPlatz, e visitata la più vecchia birreria di Monaco, abbiamo diretto la bicicletta verso il castello delle Ninfee, e subito dopo verso Gauting.
Da lì sono cominciati i primi problemi per trovare la giusta strada: il problema sta nel fatto che in Germania ci sono troppe ciclabili, e spesso, le segnalazioni non sono all'altezza. Qualche volta, infatti, a certi bivi si trovano due indicazioni, ognuna delle quali con indicata il nome della ciclabile, l'una con freccia a destra e l'altra con freccia a sinistra, senza nessun altro tipo di indicazione: prendere la strada giusta è veramente difficile, e quasi sempre si è costretti a fermare qualche tedesco (che, comunque, è sempre molto disponibile), superare le difficoltà della lingua (notevoli), sperare di aver capito bene, e trovare la giusta via.
Quella mattina il tempo non era bello: abbiamo preso anche qualche goccia d'acqua (poca roba, a dire il vero).
Appena fuori Monaco abbiamo trovato il posto ideale per cambiarci: era uno spiazzo verde, circondato da alberi, proprio di fronte ad un entrata piuttosto maestosa, nella quale entravano giardinieri, ma anche molte donne, anziane più che altro. Visto il movimento, ognuno ha cercato di effettuare la manovra nascosto dietro gli alberi, tranne Ezio, incurante, nonostante il richiamo di Paolo (poi si scoprirà che lo aveva mal digerito). Mostrando le sue nudità ha attirato le attenzioni di 2 arzille vecchiette, che subito, compiaciute, hanno sorriso: in quel momento abbiamo capito che ci eravamo cambiati di fronte all'entrata di un cimitero: bhé, almeno 2 vedove avevano apprezzato.
Fatta la spesa in un supermercato, ci siamo fermati in un centro sportivo situato alla periferia di Gauting.
Di lì siamo ripartiti per Starnberg, dove Piero (anima santa del gruppo) ha pensato bene di alleviare le difficoltà d'orientamento acquistando una mappa della zona: meticoloso qual è ci ha messo una mezzora, e ormai l'edicolante non ne poteva più dell'italiano che le aveva fatto tirare fuori tutte le mappe del mondo.
Un po' più sicuri, ci siamo avviati verso Weilheim, prima tappa del tour.
La cosa strana era che ora, con la mappa, non riuscivamo più a trovare le ciclabili: eravamo finiti su strade in cui le auto sfrecciavano a 100 km l'ora. Eppure Piero giurava che la mappa le segnalava come ciclabili: alla sera, a cena, quando ormai eravamo tutti belli puliti e riposati, Piero ha confessato di aver confuso il colore delle strade "panoramiche", verde intenso, con quello più chiaro delle ciclabili, e di essersene pure accorto, ad un certo punto, ma, temendo la reazione degli ormai cotti compagni di avventura, di aver taciuto per paura.
Arrivati a Weilheim, abbiamo subito cercato un posto per dormire: il paesino è veramente carino, con una bella piazza pedonale, sulla quale si affacciano la chiesa, molte abitazioni tipiche bavaresi, tra cui il nostro hotel, e molti negozi. Appena girato l'angolo abbiamo trovato una filiale HVB, nella quale siamo entrati: già dai moduli depositati nell'area "self-service" si capisce che il loro sistema IT e, con esso, il sistema di pagamenti tedesco è piuttosto diverso da quello utilizzato in Italia.

domenica 19 giugno
Il mattino, alla partenza, abbiamo riconosciuto a Piero il grosso sforzo di orientamento fatto il giorno prima, e l'abbiamo ringraziato; tuttavia, gli abbiamo chiesto di scegliere percorsi un po' più ciclabili di quelli fatti il giorno precedente; non c'era bisogno, tuttavia, di questa raccomandazione, perché a suo dire aveva già capito tutto. Così, subito ci siamo rivolti verso sud, alla ricerca della fantomatica ciclabile Konig-Ludwig-Weg, che ci avrebbe portato dritti dritti verso Fussen.
Per le prime due ore, tutto sommato siamo andati bene: il percorso filava via tra boschi, campi verdi, strade sterrate, e si manteneva sempre ben lontano dal traffico automobilistico.
Ad un certo punto, tuttavia, la situazione ci è un po' sfuggita di mano: infatti, d'improvviso ci siamo trovati nel bel mezzo di un bosco, con tanto di sentieri impervi, ruscelli da attraversare, e scale irte da superare. Alla fine, abbiamo capito il motivo: avevamo seguito la via pedonale Konig-Ludwig, non la ciclabile!!!
Dopo aver scollinato sulla sommità del bosco, finalmente davanti a noi è riapparsa una vallata verde, sgombra di alberi, ruscelli e sentieri inpervi.
A quel punto abbiamo di nuovo ringraziato Piero per lo sforzo profuso nell'orientamento: andava tutto abbastanza bene, effettivamente avevamo pedalato lontano dal traffico, come avevamo richiesto al mattino, anche se, gli abbiamo spiegato, forse sarebbe stato meglio rimanere un po' meno lontani! Piero, in ogni caso, ci ha assicurato: avrebbe aggiustato il tiro e di lì in poi sarebbe andato tutto in meglio.
Seguendo la carta, e seguendo anche le indispensabili indicazioni di qualche passante, finalmente siamo arrivati in prossimità del lago prospicente Fussen. Lungo la ciclabile, poco prima di arrivare alla cittadina, abbiamo trovato un tedesco che, voglioso di compagnia, si è fermato a conversare con noi: era prodigo di informazioni, non la smetteva più. Così ci ha detto che non era il caso di cercare da dormire a Fussen, per via dei prezzi degli alberghi; sarebbe stato più saggio starsene in un piccolo paesino distante poco meno di 3 kilometri, Schwangau, in cui avremo potuto trovare un'ottima sistemazione. E così è stato: lui stesso ci ha accompagnato alla pensione che ci stava consigliando, ed effettivamente abbiamo trovato un ottimo appartamento, molto grande, con 2 camere doppie, e un ottimo balcone dotato di vista sul famoso castello di Neuschwanstein. Meglio di così!!!
Ma non era finita: lui se ne andava a bere la birra da un amico, che aveva una baita poco sotto il declivio del castello. Così, alla sera, anche noi siamo andati in quel posto per mangiare: non era male, la baita era molto caratteristica, anche se servivano solo insaccati.
Poco prima delle 20:00 Paolo ed Ezio sono rincasati prima per vedere il GP di Indianapolis: è stato un vero spettacolo, perché si trattava di vedere un GP "al buio", visto che la gara era commentata in tedesco. Nessuno poteva capire le spiegazioni dei telecronisti di quanto stava accadendo (quasi tutti si ritiravano al termine del giro di formazione). Paolo, tuttavia, dopo qualche minuto già cominciava a effettuare le prime deduzioni: doveva essere successo qualcosa che aveva a che fare con le gomme, visto che correvano solo i gommati Bridgestone, mentre i Michelin si rifiutavano di farlo. Il giorno dopo ne aveva avuto la conferma, perché al telegiornale serale era riuscito a seguire l'intervista fatta in inglese ad alcuni tecnici di F1.

lunedì 20 giugno
Il mattino seguente siamo saliti fino al castello di Neuschwanstein: non è stata una gran trovata, visto che da sotto del castello si può vedere ben poco. La famosa vista in tutto il mondo è infatti ripresa da un costone della montagna che si trova a sud est.
La cosa ha indispettito molto Paolo, anche per il fatto che Tom era stato a visitare il castello pochi anni prima, ma non era riuscito a ricordarsi questo importantissimo dettaglio: se non si ha intenzione di entrare nel castello (e noi, con le bici e le sacche al seguito, non potevamo fare diversamente), è inutile cercare di risalire fin sotto alle mura: la delusione è cocente, perché si vede ben poco, tanto meno la famosa vista. Inoltre, avevamo spinto la bici sin dall'inizio del declivio, perché per salire avevamo scelto una strada pedonale (altro errore, visto che 20 metri più a sud partiva la strada asfaltata, utilizzata dai carri trainati da cavalli stracolmi di affaticati turisti che al costo di una manciata di euro si risparmiavano la fatica dell'ascesa).
Col senno di poi sarebbe stato meglio lasciare le bici alla pensione, e risalire a piedi, visitando liberamente il castello, e/o scegliendo, a metà risalita, di abbandonare la strada asfaltata per seguire un sentiero che si staccava sulla destra e che presumibilmente portava, dopo mezzora di cammino, al famoso punto a sud-est in cui è possibile vedere il castello in tutta la sua magnificenza.
Ripresa la bici, al termine della discesa siamo passati di fronte al castello di Hohenschwangau, e abbiamo fatto un breve giro lungo le strade sterrate del laghetto prospicente. Poi ci siamo diretti, sempre lungo la ciclabile, verso Fussen, che si è rivelato essere un bellissimo paesino, caratteristico, con viuzze piene di case tipiche bavaresi, e qualche piazza degna di nota.
Dopo Fussen, abbiamo cominciato a risalire verso Nord, facendo idealmente ritorno verso Monaco. Quella giornata si sarebbe rivelata come la più bella di tutta la trasferta in Baviera, perché per tutto il giorno abbiamo pedalato su piste ciclabili, lontani dal traffico, in una giornata bellissima, e sempre a ridosso di magnifici laghi alpini.
Alla sera siamo arrivati a Peiting, dove abbiamo trovato un alloggio e un ottimo posto per mangiare.
L'alloggio, a dire il vero, è stato trovato dopo un'ora di ricerca, non perché fosse difficile trovarlo, ma perché Pierleopoldo si è intestardito con la valutazione di tutta l'offerta alberghiera locale: era voluto infatti passare dal locale punto informazioni turistico, e si era lanciato in una classificazione drastica degli alberghi; quando era fortunato, trovava un albergo economico a chilometri di distanza, e quelli a "portata di mano" non andavano bene, perché davano sulla strada, o perché costavano troppo. Fatto è che dopo un'oretta gli accomodanti Enzo e Paolo (che avrebbero dormito in qualsiasi posto e a qualsiasi prezzo, purché rimanendo nel paese), hanno costretto Piero alla resa: alla fine siamo andati esattamente nell'albergo che avevamo di fronte durante l'ora passata a disquisire sugli alberghi. La cosa buffa è che Piero è ancora convinto che fossimo noi gli incontentabili: la realtà è che l'abbiamo lasciato fare finché la stanchezza e la necessità di una buona doccia non ci ha fatto forzare la mano per una soluzione immediata della questione!

martedì 21 giugno
Il mattino abbiamo lasciato Peiting con l'intenzione di tagliare in direzione nord-est. Quest'esigenza ci ha fatto abbandonare, talvolta, le piste ciclabili, anche se le strade che abbiamo trovato erano comunque a scarso transito automobilistico.
Così ci siamo trovati ad attraversare boschi, campagne, con un'altimetria sempre un po' "mossa": il paesaggio era sempre meraviglioso, i campi erano di un verde rigoglioso e i cieli d'un azzurro turchese. Ad un certo punto, improvvisamente abbiamo affrontato una discesa vertiginosa, lunga 2 o 3 chilometri: improvvisamente abbiamo perso 200 metri di altitudine, portandoci verso la quota di Monaco.
La giornata è proseguita tranquilla, e senza grossi scossoni ci siamo avvicinati a Gauting, in cui saremmo arrivati dopo 88 chilometri di pedalate.
L'unica nota degna di rilievo è che, verso sera, ci siamo trovati in una foresta, avendo una vaga idea della direzione che avremmo dovuto prendere. In pieno stile MaiStraki ci siamo trovati quindi a dover superare una rete di recinzione alta 2 metri: per fortuna, nei pressi del cancello vi era una sorta di scala in legno che agevolava il passaggio dei pedoni, ma non certo delle biciclette! Poco male, eravamo in tanti, e ci siamo dati una mano per superare l'inatteso ostacolo.
Arrivati a Gauting ci siamo messi a cercare l'albergo: sulle prime non sembrava semplicissimo; dopo qualche discussione di troppo, alla fine ne abbiamo trovato una buona pensione, in cui saremmo stati quella sera. A cena, tuttavia, abbiamo avuto un'altra evitabilissima discussione, ma ormai i nervi del gruppo erano un po' in tensione.

mercoledì 22 giugno
Il mattino siamo partiti da Gauting con direzione Monaco: la città, che avevamo peraltro già visto il mattino dell'arrivo, si è confermata essere una bellissima città, molto servita dai mezzi pubblici (esiste una rete metropolitana estremamente estesa), ed è dotata di innumerevoli piste ciclabili (praticamente, una per ogni via cittadina) e offre ai suoi abitanti incredibili aree verdi.
Appena arrivati in periferia abbiamo trovato una filiale HVB: dovendo prelevare, siamo stati costretti ad entrare, visto che gli ATM si trovavano all'interno. E' stato così che siamo stati notati da un'impiegata (per via delle maglie personalizzate Unicredito): è stata estremamente simpatica, e ci ha dato il benvenuto con ampi gesti delle mani. Tom, come sempre, ne ha approfittato per farsi dare un gadget.
Abbiamo passato la giornata a girare il centro della città; prima, tuttavia, dovevamo dedicarci all'acquisto dei biglietti ferroviari del ritorno. Ci siamo riusciti con qualche difficoltà: saremmo partiti quella stessa sera alle 23:40 (l'arrivo a Verona era previsto alle 5:10): non abbiamo capito perché il biglietto tedesco (stesso tragitto) costava 10 euro più di quello italiano. Abbiamo poi pranzato nell'antiva birreria Lowenbrau: all'interno del locale c'era un'orchestrina tipica di simpatici e alticci bavaresi che, nei loro costumi tipici, fra una canzone e l'altra si scolavano l'immancabile boccale da 1itro di birra.
Nel pomeriggio, poi, per riposare abbiamo deciso di raggiungere il bellissimo parco English garden: è vastissimo (più grande del londinese Hyde Park, ad esempio), ed è attraversato da innumerevoli ruscelli. La quiete e la bellezza del parco ha conciliato in ognuno di noi una graditissima pennichella. Perché mai qualcosa di simile, parco e piste ciclabili, è letteralmente impossibile da trovare nelle città italiane?
Proseguendo in questo fantastico parco, abbiamo raggiunto il museo della Scienza e della Tecnica, che, tuttavia, non abbiamo fatto in tempo a visitare (era ormai l'ora della chiusura). Rientrando verso il centro, casualmente abbiamo visto uno spettacolo incredibile: lungo uno dei canali del parco, in cui erano state create delle rapide artificiali, dei surfisti (!!!) trovavano una palestra ideale per esercitarsi, divertirsi e per divertire il pubblico intendo ad ammirarli. Lo spettacolo era magnifico: a turno si gettavano sciorinando le loro doti nel cavalcare quell'onda infinita.
Dopo cena abbiamo raggiunto la stazione; caricate le biciclette ci siamo accomodati nel nostro vagone: a differenza dell'andata, la carrozza era tedesca, ed era ben tenuta. Inoltre, quella sera il treno era praticamente vuoto. Lo spazio per dormire più comodamente, questa volta c'era; Paolo, addirittura, dopo essersi svegliato a pochi chilometri da Verona, si è messo a cercare Ezio lungo il vagone vuoto: l'ha trovato comodamente disteso, tutto solo, in un scompartimento. A quel punto ha dovuto svegliarlo: dormiva così profondamente che, senza accorgersi, avrebbe proseguito fino a Firenze. Chiaramente, appena sceso dal treno, al gruppo confesserà di non aver chiuso occhio.